domenica 17 giugno 2007

Quando il mondo era diviso in blocchi

Buoni e cattivi
Quando sono arrivato al liceo Croce avevo già una mia idea del mondo, con i buoni tutti da una parte e i cattivi dall’altra. Nel mio caso, i buoni erano quelli di sinistra, gli antifascisti, quelli che stavano dalla parte dei più deboli, i proletari, come si diceva all’epoca. Dall’altra parte, con i cattivi c’erano i fascisti, quelli di destra, una categoria onnicomprensiva, una sorta di pentolone dove finivi per ficcarci dai missini, ai dicci, fino ai liberali. Le aggressioni quasi quotidiane che partivano dalla sede del Msi di via Sommacampagna non facevano che confermare la mia tesi. Ero così convinto di questo che davanti a delitti come il rogo di Primavalle, dove arsero vivi i figli del segretario della locale sezione missina, pensavo: “una cosa così terribile non possono certamente averla fatta i compagni”. Non era solo ingenuità la mia - ero un “pischello” di 15, 16 anni - pesava anche lo schematismo ideologico della sinistra degli anni Settanta, per cui la violenza, come quella dei partigiani, era legittima, però non doveva superare certi limiti e soprattutto doveva avere il consenso popolare. Oggi a chi non ha vissuto quel periodo, quando il mondo era diviso in due blocchi, questo modo di ragionare può sembrare quello di un folle, ma le cose andavano così, anche perché, è giusto ricordarlo, in molti - politici, servizi segreti deviati, terroristi - hanno operato per favorire lo scontro nel nostro paese.

(La foto dovrebbe essere del 1977)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

anche io in questi magici anni ero studente al Croce, ricordi di lotta, compagni, collettivi, assemblee in palestra...

ubik_57 ha detto...

Allora fatti sotto, raccontaci la tua storia! Hai detto "assemblee in palestra", ma quale palestra era un garage ricordi? Da qualche parte dovrei avere una foto fatta durante un'autogestione. Spero di ritrovarla.
Ciao

Anonimo ha detto...

ma si proprio per questo ho messo "tra virgolette" assemblee in palestra... ti ricordi i cortei interni sulle scale con il mitico slogan "Romano Marrone, servo del padrone" (era il preside!). Scriverò la mia storia appena raccgolierò le mie memorie... sono passati tanti anni, forse troppi ma il solo ricordo mi fa pensare a come eravamo VIVI e un velo di nostalgia passa nella mia mente di 50enne (a proposito io sono del 54). Ciao

Anonimo ha detto...

opsss, scusami le virgolette le hai messe tu, io ho messo i puntini proprio per sottolineare il garage-palestra che era adatto a tutto... anche per incontri con le compagne!

ubik_57 ha detto...

Ehi! Niente nostalgia, sta scritto bene in evidenza su questo blog . Non trasformiamoci in un'associazione di reduci per favore. Ricordiamo il passato ma guardiamo al futuro, in fin dei conti siamo ancora vivi... Sbrigati a scrivere la tua storia. A presto

eskimo ha detto...

Sono entrato al mitico liceo Croce quando il vento della contestazione studentesca era agli inizi e dalla vicina città Città Universitaria ci arrivavano gli echi delle lotte dei nostri compagni (1968-69). Eravamo solo dei ragazzini. Molti di noi fino ad un anno prima frequentavano ancora le parrocchie che erano gli unici luoghi dove trovare un qualcosa di “organizzato” al di là delle partite di pallone nei cortili o i giri in bicicletta intorno al palazzo e di lotta di classe ancora non ne avevo sentito parlare. Per andare al liceo prendevo due autobus: il 409 ed il 66. Ho un flashback delle prime assemblee nel nostro “garage” a cui assistevo e quelle a cui partecipavano alcuni rappresentanti degli studenti del movimento studentesco universitario. Seguivo attentamente le loro tesi, le loro proposte, il loro entusiasmo e mi avvicinai al movimento, fino a quando, prendendo coraggio presi la parola anche io. Ero comunque già “predisposto” in quanto a casa mia tutti i giorni si leggeva L’Unità e Paese Sera e l’antifascismo era considerato un valore da difendere contro gli attacchi dei reazionari e i diritti del proletariato erano imprescindibili. E così da ragazzino inesperto sono diventato un ragazzo che leggeva Marx, Lenin e il Che, cantavo l’Internazionale, Bandiera Rossa e Contessa e avevo in tasca del mio eskimo la tessera della FGCI (che non era l’iscrizione ad una squadra di calcio) ma la Federazione Giovanile del Partito Comunista Italiano. Sono cresciuto nel nome della libertà e contro l’imperialismo americano a fianco del popolo del Vietnam. Ricordo le tante volte quando andavamo a fare le assemblee al liceo Tasso e la tristezza e la rabbia quando durante una nostra occupazione, dal vicino Duca degli Abruzzi lessi stupito uno striscione che recitava “né rossi e né neri nella scuola”. Ma scavando nella mia mente tornano le immagini delle assemblee dove partecipavano i rappresentanti dei movimenti operai e i collettivi “di piano” dove mi scontravo con i genitori di alcuni studenti che non capivano le nostre idee e le nostre speranze. E come non richiamare alla memoria i cortei che partivano da scuola per aggregarsi agli altri compagni del movimento studentesco a piazza Esedra.
Quando scendevo dall’autobus 66 dovevo passare davanti a via Sommacampagna e scrutavo con attenzione se c’era qualche fascio in agguato. Si arrivava davanti scuola e prima di entrare osservavamo i due plotoni dei celerini e dei carabinieri appostati ai lati della strada aspettando gli scontri con i fascisti.
Circa 25 anni fa il destino mi ha portato a lavorare a poche centinaia di metri da via Palestro e passando davanti al nostro liceo ho visto che c’era ancora lo stesso portiere. Sono entrato e gli ho detto che ero un ex studente: incredibile ma dopo pochi minuti lui mi ha riconosciuto e ha ricordato il mio nome. Ci siamo abbracciati e ha chiamato alcune persone che ancora lavoravano là ed abbiamo ricordato i tempi passati.
Ancora oggi se passo da quelle parti il mio sguardo va su quell’edificio diverso dagli altri di via Palestro fatto di vetrate e pannelli. Oggi non c’è più il “Croce” e per me quel palazzo non è solo un palazzo, ma un posto dove ragazzi come me degli anni 70 hanno creduto e lottato per qualcosa di importante: la libertà e l’uguaglianza. Una volta, passando con la macchina, mi sono fermato e l’ho fatto vedere a mio figlio che adesso frequenta un liceo scientifico e con un pizzico di orgoglio gli ho raccontato quello che suo papà faceva alla sua età in quella fantastica via Palestro.

eskimo ha detto...

mi sono dimenticato da anonimo (nick bruttissimo) sono passato al nick "eskimo"... tanto per restare in tema!