sabato 26 aprile 2008

Un sacco bello

Nuvolarossa, a proposito di Sandali, patchouli ecc., consentimi questa irriguardosa citazione da un film di Carlo Verdone. Come vedi, anche se in una versione molto hippy, ci sono caftani, collanine e capelli lunghi. Se ricordi bene personaggi di questo tipo c'erano anche nella mia classe, e a un certo punto fummo persino trascinati ad ascoltare musica indiana dal vivo, in un dei tanti teatri alternativi del centro storico di Roma.

domenica 20 aprile 2008

Sandali, patchouli, incenso, caftani e Perline

Tutti da Molayem

Tra il 1972 ed il 1973 ci fu una grande trasformazione al liceo Croce. La mattina, salendo le strette scale dell’edificio di via Palestro, si potevano notare alcuni cambiamenti profondi nel look degli studenti: i capelli si allungavano (tranne per uno), le barbe incolte aumentavano ed il profumo del patchouli attraversava corridoi, pianerottoli e classi. Verso l’estate del ‘72 cominciarono ad apparire i primi sandali indiani (di cuoio, bassi ed aperti, con una fascia sul collo del piede ed un anello che bloccava l’alluce). Con l’estate le magliette furono sostituite dai caftani (camice leggere di cotone con un ricamo frontale spesso dello stesso colore del tessuto). E per personalizzare il proprio look, una serie di collane di perline colorate portate al collo od al polso erano create artigianalmente dagli stessi studenti. Erano questi i simboli visivi (ed olfattivi) di una voglia di cambiamento ed al tempo stesso di riconoscimento per dire semplicemente siamo diversi e vorremmo un mondo diverso. Più colorato, più leggero ed al tempo stesso più intenso. Ma dove trovare questo cocktail di vestiti, profumi, sandali e perline? Nella prima metà degli anni Settanta romani non vi era alcun dubbio. Molayem a via del Seminario, dietro il Pantheon, era probabilmente l’unico negozio, e senza dubbio la più fornita «powerhouse» per iniziare a vivere attraverso l’abbigliamento ed i profumi di un mondo alternativo e sognatore che in quegli anni doveva convivere suo malgrado con la realtà di una crisi economica, sociale e politica che la società italiana stava attraversando. Per andare dal Croce a Molayem si attraversava a piedi quasi tutto il centro o ci si arrivava con due autobus il 60 o il 65. Alcuni non si tolsero più quegli abiti nemmeno durante gli inverni successivi. Ma come sempre anche l’orientalizzazione più estrema si fermava davanti ad un buon pezzo di pizza a taglio o ad un bicchiere di vino delle varie fraschette di San Lorenzo.

sabato 12 aprile 2008

Elezioni politiche

Domani si vota
Il mio primo voto alle politiche risale al giugno del 1976; quelle furono in Italia le prime elezioni per il rinnovo del Parlamento alle quali presero parte anche i “diciottenni”. Ero insieme emozionato e felice. In questa epoca di antipolitica non sarà facile capirlo, ma avere ottenuto la maggiore età e il voto a diciotto anni era vissuto come una grande conquista, il risultato di una lunga stagione di battaglie per ammodernare la società, alle quali molti giovani come me avevano partecipato. In famiglia il giorno delle elezioni era un giorno importante, solenne, il voto era inteso più come un dovere civico che come un diritto. Il valore della democrazia lo avevo acquisito a casa prima che a scuola attraverso i racconti di papà o di nonna sulla guerra e sul fascismo. Di queste cose ne sentivi parlare a tavola mentre mangiavi, la televisione era spenta, in salone. Domattina mi alzo presto, vado a votare e magari compro pure le paste.

sabato 5 aprile 2008

Una borsa di Tolfa

Moda e costumi anni '70

Negli anni '70 la borsa di Tolfa era di gran moda, molto spesso un must per quelli di sinistra, ma come si vede nella foto guai fidarsi dell'abito. Un paio di jeans, una borsa a tracolla, magari un eskimo e il travestimento era fatto. Non diversamente ai terroristi dell'epoca bastava un borsello e una cravatta, su un abito grigio da grande magazzino, per passare inosservati ai blocchi di polizia. Era il trucco usato dal brigatista Moretti durante le fasi del sequestro Moro.


mercoledì 2 aprile 2008

Lucio Dalla - L'Anno Che Verrà (1978)



Si esce poco la sera
compreso quando è festa
e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia
vicino alla finestra
E si sta senza parlare
per intere settimane...

"L'anno che verrà ritrae un'era svogliata (Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po'...), in cui il tramonto delle utopie rischia di scivolare nella disillusione. Il verso finale - Io mi sto preparando, è questa la novità - può così essere letto come l'ultimo scatto di ottimismo o la definitiva capitolazione al realignment dell'incombente decennio 80" (Onda Rock)