On the road
«On the Road» (Sulla strada) di Jack Kerouac, il romanzo simbolo della Beat generation, compie quest’anno 50 anni. Tra gli anni ’60 e ’70, milioni di giovani si sono messi in viaggio per il mondo, con lo spirito di quel libro nel cuore. Quando sono partito per il mio primo viaggio, avrò avuto appena 15 anni. All’epoca non esistevano voli low cost, Bed and Breakfast, o i comodi camper iperattrezzati che si vedono ora in giro sulle autostrade. Si girava in autostop, tutt’al più in treno, seduti lungo i corridoi, altrimenti nello spazio davanti ai cessi (chiamarli gabinetti non si poteva). I treni erano quelli che riportavano gli emigranti dal Nord verso il Sud, pieni di gente accaldata, di famiglie numerose con tanti bambini. Per arrivare in Sicilia (la mia prima meta furono le Eolie) potevi metterci anche un giorno intero, quasi come adesso. Naturalmente sui traghetti si viaggiava solo sul “ponte”, per prendere la mia prima cabina con cuccetta ho dovuto mettere i capelli bianchi. Il sacco a pelo e lo zaino erano quelli militari che si compravano sui banchi del mercato di Via Sannio, per poche migliaia di lire, con 5.000 lire (meno di 2,50 euro) ti portavi via uno di quei zaini verdi enormi, scomodissimi, ai quali attaccavi pure la borraccia. Il più delle volte si faceva campeggio libero, sulle spiagge, nei boschi, dove capitava. Ho dormito in posti che a ripensarci oggi mi vengono i brividi. Io con la mia faccia da bravo ragazzo avevo l’incarico di girare a rassicurare le famiglie prima delle partenze. Non so a quante mamme ho promesso che non avremmo fatto l’autostop o dormito per strada. E all’epoca, incredibile, non esistevano neppure i cellulari, per chiamare mamma ci si arrangiava con quei telefoni pubblici, dove dovevi far scendere il primo gettone, premendo un pulsante, solo quando sentivi rispondere pronto dall’altra parte.
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