sabato 20 marzo 2010

Il coraggio di Moro

“Nell'immediato, gli attentati del 12 dicembre [1969] provocarono un generale sbandamento, sia tra le forze politiche sia nella società civile. Le bombe erano scoppiate al culmine di un grave conflitto sociale, sorto attorno al rinnovo del contratto dei metalmeccanici e contestualmente all'acuirsi della crisi politica che si era aperta con la scissione socialista del luglio 1969 e la nascita del governo di transizione guidato dal democristiano Marino Rumor. Al centro dello scontro continuava a essere la prosecuzione, o meno, dell'esperienza del centro-sinistra, con i socialdemocratici, i liberali e una parte della Democrazia cristiana sostenitori di un ritorno alle urne (e con essi il MSI, sebbene con finalità diverse), nelle prospettiva di dar vita a un governo centrista con una forte leadership, sul modello gollista, trionfatore in Francia nelle elezioni del giugno 1968. Il presidente della Repubblica Saragat incoraggiò questa linea, ma lo scioglimento delle Camere poteva essere effettuato solamente con il consenso della maggioranza delle forze parlamentari. L'opposizione a tale progetto di Aldo Moro e di una parte consistente della DC si aggiunse a quella del PCI, del PSI e del PSIUP: i quattro partiti, insieme, avrebbero avuto la maggioranza dei voti in Parlamento rendendo impossibile l'ipotesi di elezioni anticipate...”


Guido Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta (1966-1975), Einaudi 2009.


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