Roberto Suozzi ci ha lasciato…
Il nostro maestro di medicina ci ha lasciato. Ieri mattina
alle 9.26 il suo cuore si è fermato e non è riuscito mandarci il suo ultimo Aerosol…
Roberto Michele Suozzi, “il professore”, è stato un compagno
che ha incrociato alcuni di noi in varie fasi della vita. Come per molti
ragazzi degli anni ‘70, se uno si mette a raccontarla, sembra che abbia vissuto
più vite dei gatti.
Lo ricordiamo giovanissimo, studente del liceo Croce,
navigare tra i gruppi extraparlamentari (Viva il Comunismo, Avanguardia
Comunista, Mls, ecc) in cerca come tutti di una linea “vincente”.
In questo girovagare ha conosciuto – come molti di noi –
tanti personaggi che sarebbero diventati famosi poi (si divertiva molto a
ricordare le giravolte verbali del Paolo Gentiloni allora intruppato tra i
lontani parenti dei “katanga”, qui a Roma, dove navigava sicuramente gente un
po’ più “hard”…), magari per motivi molto diversi; ma si era sempre rifiutato
con un sorriso di andare a pietire una “raccomandazione”, anche quando il
sistema l’aveva messo fuori dal giro.
Di quel periodo amava ricordare i tanti scontri con i
fascisti (una foto famosa, di un assalto alla sede di via Sommacampagna, a
Roma, lo ritraeva con il fazzoletto tirato fin sul naso, ma chi lo conosceva lo
individuava subito…). A farne le spese, all’Università La Sapienza, fu tra
l’altro Giancarlo Cartocci, uno dei membri di Ordine Nuovo entrati di sfuggita
nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana.
Anche per questo era stato spesso “atteso sotto casa”, al
Nuovo Salario, ma i fasci non erano mai riusciti a prenderlo. Quartiere
pericoloso, quello, tra l’Archimede e Montesacro, dove qualche anno dopo rimase
ucciso Valerio Verbano.
Come medico si era fatto le ossa nel Pronto soccorso del
Policlinico, allora come oggi vera trincea dove i deboli di cuore non possono
resistere a lungo…
Si era specializzato in farmacologia e medicina dello sport,
pur laureandosi come chirurgo. Nella prima veste è risultato tra i fondatori della
fitomedicina italiana, come ben possono capire i nostri lettori, che da anni
leggono – in tanti, e vi ringraziamo – i suoi pezzi sulle piante medicinali e
le sue spietate controanalisi sui farmaci di uso comune (Depakin,
Aulin,
Augmentin,
ecc), su alcune malattie “inspiegate” come l’autismo,
l’infertilità
dilagante, o sui prodotti di Monsanto (il glifosato,
per esempio, ora vergognosamente
“assolto” dall’Unione Europea per non disturbare la tedesca Bayer).
Il suo libro sulle erbe, del ‘94, per Newton Compton, viene
ancora oggi cercato in rete…
Sportivo, appassionato, romanista, toccò il cielo con un
dito quando venne assunto come vice del dottor Alicicco, sedendo la domenica
sulla panchina dell’Olimpico accanto a Liedholm, Falcao, Cerezo, Bruno Conti,
Di Bartolomei, Graziani, ecc. Entrando in casa sua, le foto di quelle panchine,
con lui di lato, ti sbattevano subito sugli occhi.
Si rovinò la carriera sollevando uno dei primi scandali
doping quando ancora non veniva chiamato così… La sua fortuna era stata di
essere chiamato a fare da medico per la nazionale di calcio under 18. Ma ebbe
la “pessima idea” – aprendo l’armadio dei medicinali e trovando una valanga di
antiasmatici (poco “compatibili” con i giovanissimi atleti sotto le sue cure) –
di chiamare il giudice Guariniello, che ovviamente aprì un’inchiesta
“scandalosa”, anche se senza grandi titoli di giornale.
Non gli venne perdonato. Il mondo del calcio, e quello dello
sport di quegli anni, lo mise all’indice. Un medico doveva aiutare a vincere,
“pompando” se necessario i ragazzi, non mettersi a fare “l’obiettore di
coscienza”. Lì girano miliardi (di lire, a quei tempi), mica c’è da perdersi in
chiacchiere… Prendesse esempio da quello della Juventus (che finì poi in serie
B anche per questo…).
Aprì uno studio privato, dove curava gente di tutti i tipi.
Da Maurizio Costanzo e Maria De Filippi a giornalisti noti e non, fino a
compagni senza una lira usciti malconci da incidenti paurosi.
Non lesinava le energie e trovò modo e tempo per far parte
del team di medici che si tuffò a Genova 2001, curando compagni tra le cariche
e i lacrimogeni ad altezza d’uomo.
Per quasi 20 anni ha tenuto una rubrica di medicina e salute
su Repubblica, poi anche su il manifesto. Infine su Contropiano.
Senza chiederci mai un centesimo, come tutti i nostri “collaboratori”, anche se
ne avrebbe avuto certamente bisogno, dopo l’ictus carogna che lo aveva colpito
quasi dieci anni fa (per uno che vive di lavoro, e non di rendita, non è
proprio il massimo…).
Un “pozzo di scienza” che viveva incazzato, da figlio di
ferroviere (suo padre lo era), indignato con un mondo di merdacce ignoranti
pronte a farsi giannizzeri dei potenti e competenti veri che scelgono di farsi
“baroni”, anziché medici.
Uno di noi, impegnato a studiare fino all’ultimo giorno.
Perché nessuna liberazione può arrivare se non sai dove e come cercarla.
Uno che continuerà a lottare con noi.
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